Dizionario Biografico dei Protestanti in Italia

Chiesa Valdese

Descrizione

Nato alla fine del XII secolo, il movimento valdese prende il nome da Valdo, un mercante lionese, che al termine di una profonda crisi spirituale, decise di vivere l'esperienza degli apostoli al seguito di Cristo e di consacrare la sua vita alla predicazione del Vangelo. I seguaci di Valdo, noti come Poveri di Lione in Francia e Poveri di Lombardia in Italia, nel proporre un rinnovamento della Chiesa Cattolica non intendevano ribellarsi ad essa, furono tuttavia scomunicati.

Come tutti i movimenti detti "ereticali", anche quello valdese fu oggetto di repressione e persecuzione da parte dei poteri civili e religiosi. Malgrado questa situazione di difficoltà e la caccia dell'Inquisizione, si espanse in tutta l'Europa medievale. Le zone in cui i valdesi si impiantarono con maggior consistenza furono le Alpi Cozie, la Provenza, la Calabria e la Germania meridionale. I loro predicatori itineranti erano detti barba (in dialetto "zio", nel senso di persona di riguardo), da cui barbetti, appellativo popolare con cui vennero designati anche in tempi recenti in Piemonte.

Con l'apparire della Riforma, in Germania e in Svizzera, si produsse una profonda riflessione all'interno del movimento che trovò il suo culmine nel “sinodo” (Assemblea dei predicatori con grande concorso di popolo) di Chanforan del 1532, durante il quale i valdesi decisero di aderire alla Riforma protestante. Dopo una breve campagna militare con la quale il duca Emanuele Filiberto aveva tentato di riportare all'interno della chiesa romana le comunità valdesi – che nel frattempo si erano strutturate come chiese riformate calviniste – nel 1561 fu firmato a Cavour un accordo fra il duca e i valdesi stanziati nelle valli delle Alpi Cozie. Tale accordo, che sanciva l'area territoriale all'interno della quale i valdesi potevano esercitare liberamente il loro culto – poi nota con l'appellativo di Valli valdesi – concludeva le campagne di repressione della dissidenza religiosa che il duca aveva intrapreso all'indomani della pace di Cateau-Cambrésis.

Diversa fu invece la sorte dei valdesi stanziati nella Provenza e nel contado Venassino e quelli che si trovavano in Calabria. I primi, che erano stati oggetto di ostilità fin dal 1525, subirono gli effetti dell'editto di Fontainebleau emesso da Francesco I nel 1540 e reso esecutivo nel 1545, e furono massacrati; alcuni si rifugiarono in Piemonte, altri a Ginevra. La stessa sorte toccò ai valdesi della Calabria, i quali nel giugno del 1561, in seguito all'uccisione del governatore spagnolo Castagneto, subirono una vera e propria strage guidata dal marchese di Buccianico, che con le sue truppe distrusse San Sisto, attaccò Guardia Piemontese e trasferì prigionieri, poi giustiziati, a Montalto.

Nonostante la pace di Cavour, in Piemonte, durante il lungo regno di Carlo Emanuele I di Savoia (1580-1630), furono emessi una serie di editti intimidatori e discriminatori contro i valdesi, i quali, stretti ormai entro i confini delle attuali Val Pellice e Val Germanasca, subivano, per ragioni territoriali, la situazione di instabilità causata dai continui conflitti fra il ducato Sabaudo e il regno di Francia.

Nel 1655, nel periodo durante il quale il ducato era controllato dalla reggente Cristina di Francia, vi fu una nuova violenta azione armata contro i valdesi, nota come Pasque piemontesi alla quale si arrivò nonostante i tentativi di mediazione politica per i quali si era adoperato il pastore Giovanni Léger e durante la quale si distinsero, quali condottieri della resistenza armata, Giosuè Gianavello e Bartolomeo Jahier.

Seguirono decenni durante i quali furono assunte misure per contrastare in vario modo i valdesi; una nuova decisiva campagna militare antivaldese si compì nel 1686, a opera di Vittorio Amedeo II, allineatosi alla politica di repressione religiosa del re di Francia Luigi XIV, che nel 1685 aveva revocato l'editto di Nantes. L'esito dell'attacco alla popolazione valdese fu la distruzione dei villaggi, la strage dei civili, la cattura e il trasferimento nelle prigioni sabaude dei sopravvissuti, che subirono l'esilio in Svizzera, mentre furono trasferiti nel vercellese i cattolizzati. Dopo il rientro dei valdesi, aperto dalla spedizione militare guidata dal pastore Enrico Arnaud nel 1689, le comunità valdesi, nonostante le precarie condizioni demografiche ed economiche presero lentamente a riorganizzarsi.

Col nuovo secolo, che vide l'incoronazione di Vittorio Amedeo II a re di Sicilia e l'emanazione delle “Costituzioni piemontesi”, la politica sabauda verso i valdesi non ebbe sostanziali mutamenti: il nuovo editto del 1730 riconosceva l'esistenza dei valdesi, ma cercava di limitarne l'espansione; intanto il sovrano sosteneva il rafforzamento delle parrocchie e delle opere cattoliche nel territorio delle Valli.

Sul piano interno le Chiese valdesi mostrarono segni di ripresa sia sul piano spirituale sia su quello ecclesiale; a partire dai primi decenni del Settecento, le comunità si dedicarono inoltre all'organizzazione scolastica e a quella dell'assistenza, rese possibili principalmente grazie al sostegno economico di comitati esteri, come quello vallone, istituiti presso alcuni paesi protestanti, che fornivano aiuti regolari per pagare pastori, maestri, aiuti ai poveri e agli studenti. Il Comitato vallone sostenne inoltre la realizzazione della Scuola Latina, un istituto di studi medi superiori.

Il Settecento, nel quale la confessione religiosa divenne per i valdesi anche un fatto sociale, vide inoltre il progressivo formarsi di una classe borghese, che si andò consolidando nella seconda metà del secolo e che da borghesia di commercianti divenne anche piccolo industriale, con contatti in tutta Europa, e si affermò come classe dirigente locale. I rapporti che questa élite sociale intratteneva con il resto dell'Europa protestante, non furono ovviamente solo di tipo commerciale, ma anche e soprattutto di tipo culturale.

Con la Rivoluzione francese, le idee di ispirazione giacobina trovarono in ambito valdese terreno fertile; con la proclamazione della repubblica a Torino il moderatore della Tavola Valdese Pietro Geymet fu chiamato quale membro del governo provvisorio, mentre alle Valli a guidare la Guardia Nazionale col grado di tenente colonnello, vice-comandante delle milizie valdesi era Giacomo Marauda.

Nonostante le difficoltà che i valdesi incontrarono nel successivo periodo della Restaurazione e proprio a causa della condizione discriminatoria nella quale si trovavano a vivere, proseguirono la loro attività nel campo dell'istruzione e dell'assistenza, con la realizzazione degli Ospedali Valdesi di Torre Pellice e di Pomaretto e il potenziamento dell'organizzazione scolastica, che portò alla creazione del Collegio valdesedi Torre Pellice, istituto per gli studi superiori. In questa fase significativi furono i contatti con il mondo protestante nordeuropeo, specialmente anglosassone che si interessò alle vicende valdesi, attraverso studi e viaggi alle Valli; figure emblematiche di tale attenzione internazionale furono quella del prussiano Friedrich Ludwig von Waldburg-Truchsess, quella dell'inglese William S. Gilly, fondatore a Londra del Comitato valdese e sostenitore del progetto per il Collegio valdese, e successivamente quella del generale anglicano Charles Beckwith, la cui attività in seno alla Chiesa Valdese lasciò un'impronta duratura, soprattutto nel campo dell'istruzione, con la riorganizzazione delle Scuole valdesi.

Gli anni venti dell'Ottocento furono segnati sul piano religioso e spirituale dalla diffusione del Risveglio, con l'arrivo nel 1825 del predicatore di Félix Neff, il quale fece un giro di evangelizzazione alle Valli, che portò alla formazione di una chiesa “dissidente” a San Giovanni (ora Luserna San Giovanni), curata dal giovane pastore Giovanni Gay, la quale si riuniva in case private, tenendo culti e scuole domenicali. Vi furono atteggiamenti discriminatori e aggressioni nei confronti della comunità risvegliata, mentre la Tavola Valdese cercava di sopire i conflitti ed evitare le scissioni. Dell'esperienza del Risveglio l'impronta forse più duratura si ebbe nella formazione della generazione pastorale successiva, che spesso studiò nelle scuole svizzere di orientamento risvegliato, in particolare in quella ginevrina.

Un importante momento per la vita della Chiesa, che prendeva coscienza della sua struttura, fu il Sinodo del 1833, che istituì una commissione d'esame dell'operato della Tavola ed esaminò e approvò la disciplina ecclesiastica in duecentosettantuno articoli.

Nel 1848 Carlo Alberto concesse a Valdesi ed Ebrei la libertà civile, questo segnò un momento cruciale per la comunità valdese, che prese a organizzare la sua opera di testimonianza al di fuori delle Valli, prima a Torino, dove da tempo nella cappella delle ambasciate protestanti si riuniva una comunità, e poi nel resto del Regno.

Alle Valli, gli anni Cinquanta del secolo furono segnati dalla recessione economica e dalla carestia: a questo periodo risale la prima emigrazione valdese, principalmente diretta verso l'Uruguay e l'Argentina, dove si formarono alcune colonie valdesi, presso le quali si costituirono delle Chiese valdesi e furono inviati pastori e maestri a costituire quello che sarebbe divenuto il ramo rioplatense della Chiesa. L'emigrazione valdese ebbe come meta anche la parte settentrionale del continente americano, numerosi erano i valdesi a New York, e colonie valdesi si formarono nel North Carolina, con la costituzione del nucleo di Valdese, e nel Missouri.

Intanto in Italia l'attività di predicazione e testimonianza della Chiesa Valdese seguiva gli sviluppi dei moti risorgimentali e le tappe dell'unificazione della penisola. L'attività di pastori, evangelisti e maestri e maestre fu coordinata da un ente sorto specificamente a tale scopo, il Comitato di Evangelizzazione. La volontà di divenire chiesa nazionale, non più confinata nel territorio delle Valli si accompagnò oltre all'attività missionaria anche alla consapevolezza di dover basare il proprio carattere nazionale anche su elementi di natura culturale. In tale direzione andò la fondazione di una Facoltà valdese di Teologia che inizialmente istituita con sede a Torre Pellice, fu trasferita prima a Firenze divenuta capitale del Regno d'Italia, vero e proprio centro dell'evangelismo italiano, poi a Roma.

Gli anni che vanno dalla presa di Porta Pia all'inizio del nuovo secolo costituirono per la Chiesa Valdese, le cui comunità sorgevano ormai sul territorio dell'intera penisola, un periodo di consolidamento. Falliti i tentativi di unione delle diverse denominazioni evangeliche e quello per l'unione con la Chiesa Cristiana Libera – che aveva fra i suoi principali promotori il valdese Paolo Geymonat e il libero Alessandro Gavazzi – vedeva da un lato il persistere del nucleo storico delle comunità delle Valli, dall'altra le neonate comunità che erano sorte in Italia e solo nel 1915 si decideva la soppressione del Comitato di Evangelizzazione e l'attribuzione delle sue competenze e del coordinamento dell'attività di tutti gli “operai” della Chiesa alla Tavola Valdese.

Lo scoppio della prima guerra mondiale provocò uno spostamento dalle posizioni pacifiste a quelle interventiste, sostenute con la presenza di cappellani militari valdesi e l'istituzione in alcune città italiane di “Case del soldato”, luoghi di accoglienza dei soldati.

L’avvento del Fascismo rappresentò il crollo dei valori liberali in cui la Chiesa Valdese si era riconosciuta. Gli anni successivi rappresentarono un momento difficile: da un lato la tentazione verso le idee nazionaliste, conseguenti alla posizione interventista, e dall’altro il senso di isolamento per la politica scolastica e religiosa del regime, emersa con il Concordato con la Chiesa Cattolica. In linea di massima si può affermare che vi fu un atteggiamento di prudenza.

È di questi anni l’affiorare di una linea di resistenza al fascismo, portata avanti da un gruppo di giovani che si rifacevano alle posizioni del teologo Karl Barth e della chiesa confessante tedesca. Si trattò di una minoranza critica all’interno della Chiesa Valdese, che portò anche a sostenere la Resistenza partigiana durante l’occupazione tedesca.

Nel secondo dopoguerra la Chiesa Valdese si impegnò nelle lotte civili che segnarono l'Italia repubblicana, fra le quali quella per la laicità dello Stato; divenne membro attivo del movimento ecumenico internazionale, e in Italia partecipò alla fondazione nel 1967 della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (FCEI). Importanti furono le lotte per la pace e il disarmo e il sostegno di progetti di sviluppo per le zone disagiate della penisola. Di tale attività, che trova un riscontro anche sul piano della militanza politica, fu figura emblematica il pastore Tullio Vinay.

Nel 1975 la Chiesa Valdese ha stretto un “Patto d’Integrazione” con la Chiesa Evangelica Metodista d'Italia, dando vita all’Unione delle chiese metodiste e valdesi in Italia, con unico Sinodo, comuni organi regionali e un unico ruolo pastorale e diaconale.

Nel 1984 la Chiesa Valdese ha firmato le intese con lo Stato italiano previste dall’articolo 8 della Costituzione.

Fonti archivistiche

Archivio della Tavola Valdese (in ATV).spazio
Archivio della Società di Studi Valdesi (in ATV), Fondi Personali.spazio
Archivio Fotografico Valdese (in ATV), Fondi Tavola Valdese.

Bibliografia

G. Watts, The Waldenses in the New World, Durham (North Carolina), 1941.spazio
A. Molnar, Storia dei Valdesi, I. Dalle origini all'adesione alla Riforma protestante, Torino, Claudiana, 1974.spazio
A. Armand Hugon, Storia dei Valdesi, II. Dall'adesione alla Riforma all'Emancipazione (1532-1848), Torino, Claudiana, 1974.spazio
V. Vinay, Storia dei Valdesi, III. Dal movimento evangelico italiano al movimento ecumenico (1848-1978), Torino, Claudiana, 1980.spazio
E. Stancati, Gli ultramontani. Storia dei Valdesi di Calabria, Cosenza, Aiello Editore, 1984.spazio
G. Audisio, Les Vaudois du Luberon: Une minorité en Provence (1460-1560), Mérindol, Association d'Etudes Vaudoises et Historiques du Luberon, 1984.spazio
J-P. Viallet, La Chiesa valdese di fronte allo Stato fascista, Torino, Claudiana, 1985.spazio
Dall'Europa alle Valli valdesi: Atti del XXIX Convegno storico internazionale «Il Glorioso Rimpatrio (1686-1989. Contesto - significato - immagine». Torre Pellice, 3-7 settembre 1989, a cura diA. de Lange, Torino, Claudiana, 1990.spazio
G. Spini, Risorgimento e protestanti, Torino, Claudiana, 19983 (I ed. 1956).spazio
Dalle Valli all’Italia (1848-1998), a cura di B. Bellion, M. Cignoni, G. P. Romagnani, D. Tron, Torino, Claudiana, 1998.spazio
A. Comba, Valdesi e massoneria. Due minoranze a confronto, Torino, Claudiana, 2000.spazio
La Bibbia, la coccarda e il tricolore. I valdesi fra due Emancipazioni 1798-1848, a cura di G. P. Romagnani, Torino, Claudiana, 2001.spazio
C. Papini, Valdo di Lione e i «poveri nello spirito»: Il primo secolo del movimento valdese (1170–1270), Torino, Claudiana, 2002.spazio
G. Spini, Italia liberale e protestanti, Torino, Claudiana, 2002.spazio
G. Spini, Italia di Mussolini e protestanti, Torino, Claudiana, 2007.spazio
G. Tourn, I valdesi. La singolare vicenda di un popolo chiesa, Torino, Claudiana, 20084 (I ed. 1977).spazio
M. Benedetti, Valdesi medievali: bilanci e prospettive di ricerca, Torino, Claudiana, 2009.spazio
G. Ballesio, a cura di, I valdesi nei Rio de la Plata (1858-2008). Modelli di emigrazione. Atti del XLVIII Convegno di studi sulla Riforma e sui movimenti religiosi in Italia (Torre Pellice, 30-31 agosto 2008), «Bollettino della Società di Studi Valdesi», n. 204, giugno, 2009.spazio
G. G. Merlo, Valdo l'eretico di Lione,Torino, Claudiana, 2010.spazio
spazio
http://www.chiesavaldese.org/

Immagini

  • A cura di Sara Rivoira
  • Stampa questa pagina Stampa questa pagina
  • Invia questa pagina Invia questa pagina