Dizionario Biografico dei Protestanti in Italia

Orfanotrofio femminile (Orphelinat)

Descrizione

Orfanotrofio femminile

L’attività di questo istituto femminile si aprì nel 1853 quando cinque bambine orfane furono accolte presso una casa di Bobbio Pellice; con l’afflusso di doni dall’estero, nel dicembre di quello stesso anno fu possibile trasferire l’opera a Torre Pellice e aumentare il numero delle ospiti, in quegli anni la direzione dell’istituto fu affidata a una diaconessa proveniente dalla Svizzera.

Il progetto dell'Orphelinat, nato dietro iniziativa di alcuni benefattori inglesi che avevano costituito l’Associazione Donne Inglesi, si inscrive nel più generale progetto di impegno sociale e assistenziale nel quale la Chiesa Valdese di quegli anni si stava impegnando e che portò al sorgere di molti istituti di questo tipo, come ospedali, case di cura, ecc. La creazione di una casa per le bambine prive di una famiglia che potesse allevarle era sentita come particolarmente urgente a causa dalla situazione di grave crisi economica e di povertà che le Valli valdesi stavano attraversano alla metà dell’Ottocento.

I lavori di costruzione dell’edificio che avrebbe ospitato l’orfanotrofio, nei pressi della cappella degli Appiotti, in via Angrogna, iniziarono nel 1856 e la nuova sede dell’orfanotrofio fu inaugurata nel 1858. Nel 1890 la Tavola Valdese decise di affidare l’amministrazione e la gestione dell’istituto alla CIOV (Commissione Istituti Ospedalieri Valdesi).

Secondo il primo regolamento, del 1856, erano accolte nella casa le orfane povere, eccezionalmente anche le bambine orfane di uno solo dei due genitori. Le bambine ricevevano, oltre alle cure materiali, un’istruzione e gli strumenti per poter essere economicamente indipendenti al momento di lasciare l’istituto all’età di quattordici o sedici anni. Quest’ultimo aspetto, contrariamente ai progetti delle benefattrici inglesi, le quali intendevano creare una Scuola industriale, si traduceva nel dare alle bambine una formazione nell’ambito dell’economia domestica, per divenire massaie o più spesso domestiche presso famiglie benestanti. L’uscita delle giovani dall’istituto avveniva gradualmente, infatti durante l’ultimo anno di permanenza erano inviate come donne di servizio in prova e perfezionamento nelle Valli o a Torino.

Col tempo questa situazione si modificò, le bambine iniziarono a frequentare scuole di avviamento professionale e con la fine della seconda guerra mondiale, che vide una diminuzione delle richieste di personale di servizio, furono avviate verso altre professioni oppure poterono proseguire gli studi per diventare maestre elementari o infermiere. Anche la provenienza geografica delle bambine si modificò col tempo, negli anni Cinquanta del Novecento se la maggior parte era originaria delle Valli e di Torino, le ospiti provenivano da tutta Italia.

Nel 1970 l’orfanotrofio assunse la denominazione di “Convitto Femminile Valdese” e la sua gestione tornò a essere affidata alla Tavola Valdese; a partire dagli anni Ottanta del Novecento si costituì come Comunità alloggio cooperante con gli enti locali.

Fonti archivistiche

Archivio dell'“Orphelinat” (in ATV).spazio
Archivio della Tavola Valdese (in ATV), Serie VIII, Sottoserie 4, Orfanotrofio Femminile – Comunità Alloggio.

Bibliografia

M. Bein, L’Orfanotrofio valdese (1854-1920), in «la Beidana», n. 7, marzo 1988, pp. 4-15.spazio
M. Bein, L’Orfanotrofio valdese. II parte (1920-1950), in «la Beidana», n. 8, agosto 1988, pp. 19-30.

Immagini

  • A cura di Sara Rivoira
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